Il CCNL ve lo spieghiamo noi.Pillole 1-2-3-4-5-6-7-8

Genova -







Firmato il contratto delle Funzioni Locali. Ad una attenta lettura è addirittura peggiore delle previsioni.


Cgil-Cisl-Uil-Csa e “il gioco delle tre carte”


Come noto, il gioco delle tre carte è basato su un principio utile per attuare truffe ai danni di ignari partecipanti. Questo è quanto messo in campo da CGIL, CISL, UIL e CSA che insieme al Governo hanno servito un rinnovo di contratto per le Funzioni Locali che altro non è che una scatola vuota.


Spetta ad USB svelare l’inganno.


Proviamo ad illustrare le parti più significative del testo e definite dal sindacato complice addirittura “innovative”.


Per iniziare, la premessa di fondo necessaria per dare l’avvio alla disanima puntuale delle parti salienti del Contratto, è rappresentata dal fatto che sia dia per scontato che tutte le amministrazioni del sistema delle Autonomie Locali abbiano a disposizione le risorse (seppur misere) per poter onorare l’accordo sottoscritto in sede Aran.

Sappiamo bene che così non è.


Per una una migliore comprensione del testo, abbiamo suddiviso l’analisi in un certo numero di “pillole”, da assumere con cadenza periodica.


Pillola n. 1 - Titolo II. Relazioni Sindacali

Meno democrazia. E’ la parte del contratto che presenta le maggiori novità, tutte molto negative, ad iniziare dalla limitazione della possibilità di conflitto, dalla pesante limitazione delle prerogative delle RSU e quindi della democrazia nei posti di lavoro.


Forte limitazioni all’autonomia decisionale delle RSU. L’organismo di rappresentanza dei lavoratori viene relegato ai margini della contrattazione. Una limitazione statuita dalla possibilità di procedere unilateralmente da parte delle Amministrazioni, in assenza di accordo.


Nuovo livello di contrattazione riservato a Cgil-Cisl-Uil e CSA. Per la prima volta nel comparto delle Funzioni Locali viene prevista una contrattazione che in determinati casi esclude completamente la RSU e prevede la partecipazione ai tavoli dei soli sindacati firmatari del contratto.

L’art. 6, ad esempio, istituisce l’Organismo Paritetico per l’innovazione in tutti gli enti con più di 300 dipendenti, che incredibilmente non prevede la partecipazione della RSU.

L’art. 7 prevede che le organizzazioni sindacali non firmatarie, non possano partecipare alla contrattazione. Questo anche se dai risultati delle votazioni RSU risultassero rappresentative.

L’art. 9 prevede la possibilità di una contrattazione collettiva integrativa di livello territoriale, con il rischio di determinare vere e proprie gabbie salariali.


Limitazioni diritto di sciopero. L’art.10 impegna le OOSS a non assumere azioni unilaterali, né a procedere ad azioni dirette entro il primo mese del negoziato, limitando in tal modo il conflitto ed il diritto di sciopero.


Fine della contrattazione. L’ipotesi di contratto, prevede tre diversi tipi di relazioni sindacali: Informazione, Confronto e Contrattazione Decentrata.

Per alcune materie è previsto l’obbligo a stipulare, cioè l’obbligo di giungere all’accordo condiviso sul contenuto delle clausole contrattuali con un limite temporale di 45 giorni.

Per altre materie è previsto l’obbligo a contrattare, cioè l’obbligo ad aprire una trattativa su tematiche particolari (Contratto Decentrato) con un termine temporale di 30 giorni.





Pillola n. 2 – Titolo VIII. Trattamento economico


Il cappuccino e la brioche. L’aumento contrattuale previsto dopo 10 anni di blocco e che incide sul salario è pari ad un valore medio di circa 63 € lordi al mese. Questa cifra che è pensionabile, confluirà nel tabellare, ed incide su tutti gli istituti che sono retribuiti in percentuale all’ora lavorata, come ad esempio lo straordinario. Questa cifra verrà erogata e riconosciuta a partire dal 1 marzo 2018. Per il 2016 è previsto un aumento risibile, di circa 7 € lordi in media al mese, inferiore all’indennità di vacanza contrattuale (IVC) percepita dal 2010. Per il 2017 è previsto un aumento medio di circa 22 €, che sarà applicato fino a febbraio 2018. (Tabella A dell’ipotesi di contratto). L’aumento stabile tabellare raggiunto a regime sarà quindi sufficiente appena a coprire la spesa del cappuccino e del cornetto la mattina.

Gli arretrati dal 2010 al 2015 sono quindi pari a 0, e dal 2016 in avanti, conti alla mano, saranno circa 480 € lordi, a fronte di una perdita del potere d’acquisto dei salari di migliaia di euro in quasi 10 anni. Insomma, un vero e proprio “colpo di spugna”.


Il pesce d’aprile 1. L’indennità di vacanza contrattuale sarà erogata fino a marzo 2018. Poi, dal primo aprile 2018, cessa di essere corrisposta e viene conglobata nello stipendio tabellare.


L’elemosina. Alla cifra prevista dal rinnovo, andrà aggiunto il cosiddetto “elemento perequativo” (art. 66). Questo “compenso” dovrebbe rispondere alla necessità di accogliere la richiesta del governo di favorire le fasce economicamente più disagiate. Si tratta di pochi euro mensili distribuiti “a piramide rovesciata”, pari a 24 € per un B1, 3,18 € per un C4, e della incredibile cifra di 2 € per un D6. Questa cifra non è tassata, non è pensionabile e viene corrisposta per i soli ultimi 10 mesi del 2018. Tutte le caratteristiche di una elemosina.


La Corte del Re Sole. La costituzione del fondo per le risorse decentrate (art. 67) tiene conto della riforma Madia (D. Lgs. 75/2017), che congela al 2016 le risorse destinate alla contrattazione decentrata.

Innanzitutto, molti dei possibili “aumenti” previsti per alcuni istituti andranno definiti in commissione paritetica, e sottratti quindi alla contrattazione decentrata, altri resteranno a carico delle competenze ormai residuali di quest’ultima (si veda “Pillola n. 1 Titolo II – Relazioni Sindacali”).

Tali “aumenti” però, sono completamente a carico del fondo e non del bilancio delle Amministrazioni.

Le risorse del fondo sono decurtate a favore delle posizioni organizzative, cioè sono considerate “al netto di quelle che gli enti hanno destinato, nel medesimo anno, a carico del Fondo, alla retribuzione di risultato delle posizioni organizzative” ed anche al netto di quelle destinate alle “alte professionalità”. Quindi dal Fondo verranno sottratte le risorse destinate alle P.O.. Viene cancellata la fattispecie che, nel caso alcune posizioni organizzative rimanessero vacanti, prevedeva che le risorse risparmiate fossero utilizzate per il fondo complessivo ed è da abbandonare l’idea di poter trattare sulla percentuale del premio di risultato per le P.O.. Nei Comuni piccoli e medi questa operazione svuoterà completamente il fondo.

In questo quadro aumenta il compenso previsto per le P.O., che può variare da un minimo di 5.000 € ad un massimo di 16.000 €. (art. 15). Si veda “Pillola n. 3 - Titolo III. Ordinamento Professionale”.

In sostanza, le risorse per gli incarichi che possiamo definire “semidirigenziali” che l’Amministrazione decide di attribuire, non vengono finanziate dall’amministrazione stessa, ma vengono sottratte dalle risorse destinate ai lavoratori: siamo noi che, di tasca nostra, pagheremo la struttura organizzativa.


Il pesce d’aprile 2. A decorrere dal primo aprile 2018, sono istituite ulteriori posizioni economiche per tutte le categorie, e precisamente: A6, B8, C6 e D7 (art. 64). Ovviamente non si tratterà di scatti automatici, ma in virtù dell’art. 16 “la progressione economica (…) nel limite delle risorse effettivamente disponibili, è riconosciuta in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti (…)”. Come si stabilisce questa quota? Innanzitutto “le progressioni economiche sono attribuite in relazione alle risultanze della valutazione della performance individuale nel triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto (...)” (art. 16). In secondo luogo, tale attribuzione va di pari passo con i criteri di individuazione dei supermeritevoli (si veda paragrafo successivo). In sostanza, il secondo pesce d’aprile consiste nell’istituzione di nuove posizioni, proprio quando diventa difficilissimo e del tutto aleatorio, grazie alle “procedure selettive” e alla mancanza di risorse, accedere alle progressioni economiche orizzontali.

Meritevoli e Supermeritevoli. Nell’articolo 69 risiede l’apoteosi della più becera meritocrazia. Innanzitutto in sede di contrattazione integrativa si definisce “preventivamente, una limitata quota massima di personale valutato, a cui tale maggiorazione [di premio individuale] può essere attribuita”. Già all’art. 68 il contratto prevede che alla performance individuale siano destinate almeno il 30% delle risorse. L’art. 69 prevede che, a questa “limitata quota” di dipendenti, stabilita a priori, sia destinata una maggiorazione in sede di contrattazione integrativa “non inferiore al 30% del valore medio pro-capite dei premi attribuiti al personale valutato positivamente”. Quindi ci sono “meritevoli” e “supermeritevoli” che dovranno essere decisi a priori dal combinato disposto delle valutazione dei dirigenti e della disponibilità dei sindacati complici in sede di contrattazione decentrata.


Fiore all’occhiello. Uno dei fiori all’occhiello di questa ipotesi di CCNL è la cifra di 83,20 € annua conteggiata per ogni lavoratore del settore, che va ad incrementare il fondo risorse destinate al contratto decentrato. Si tratta di una cifra tutto sommato contenuta, che non sarà destinata ad ogni lavoratore, ma che riveste interesse in quanto paradigmatica del senso stesso dell’ipotesi di contratto nel suo insieme. Si può dire che ogni lavoratore “vale” la cifra “virtuale” 83,20 euro. Questa cifra “a testa”, che ogni singolo lavoratore non vedrà mai, diventa poi “materiale” nel momento in cui viene versata sul fondo, e, da modesta, può diventare anche ingente per l’effetto sommatoria. Per analogia, queste molte piccole somme di 83,20 euro per ogni testa, si possono equiparare ad una parte di “plusvalore” (inteso in senso lato) estratto da ogni lavoratore per il semplice fatto di esistere. La somma derivante, più o meno ingente, viene poi ripartita tra “pochi eletti”, arbitrariamente scelti dal “sistema”, ai quali viene elargito un compenso. Insomma, il sistema (leggasi Amministrazione) “estrae” valore da molti lavoratori, che restano poveri, per ripartirlo, moltiplicato, a pochi eletti.


Fannulloni e assenteisti! L’Organismo paritetico di cui all’art. 7 , nel quale saranno presenti i sindacati complici Cgil-Cisl-Uil e CSA, ma è incredibilmente esclusa la partecipazione della RSU, analizza i dati sull’assenza di personale. Se il tasso di assenza complessivo fosse considerato “troppo alto” saranno proposte “misure finalizzate a conseguire obiettivi di miglioramento” e gli effetti di tali misure incidono appunto sulla “premialità individuale”. Questo si chiama taglieggiamento e i criteri con il quale viene effettuato sono del tutto arbitrari. Se si dovesse verificare il problema per alcuni colleghi di avere malattie importanti si assisterà ad una penalizzazione retributiva ai danni della dotazione dell’Ufficio e/o Servizio.


Lo scarso valore del disagio e della salute. Sono cancellate le indennità di rischio e di disagio sostituite da un’unica “indennità condizioni di lavoro”. Tutto questo sarà operativo dal primo contratto decentrato, che dovrà assegnare l’indennità il cui valore sarà ricompreso tra 1 € e 10 € giornalieri. Le risorse saranno a carico del Fondo risorse decentrate. In questo caso ci si trova di fronte ad un apparente aumento rispetto al passato, che sarà applicabile però solo a discapito della “produttività” degli altri lavoratori. Il disagio e i rischi per la salute dei lavoratori non solo sono valutati davvero poco, ma saranno pagati da tutti i dipendenti attraverso il fondo, e l’Amministrazione non ci metterà un euro.

Reperibilità. Tra le varie voci che gravano sul fondo, spicca il trattamento riservato all’indennità di reperibilità (art. 24). Questa voce è oggetto di un vertiginoso aumento: si passa da 10,22 € e del 2009 ai 10,33 € per 12 ore nel presente contratto.


Sindacalisti o broker? Questa pillola si conclude con la vera causa della sottoscrizione dell’ipotesi di contratto da parte dei sindacati complici, il vero motivo della svendita dei diritti dei lavoratori per un piatto di lenticchie. Queste cause si chiamano Welfare integrativo e Previdenza complementare (art. 72 e 73), ovvero lo smantellamento del welfare pubblico e della previdenza pubblica, considerate da USB come un inalienabile diritto di tutti i cittadini. Questi istituti trasformeranno i “sindacalisti” in broker procacciatori di sottoscrizioni di polizze, con lo scandaloso avallo dell’Amministrazione (la Pubblica Amministrazione!). L’art.73 in particolare prevede impegni, anche economici, per le amministrazioni da destinare in corsi di formazione e pubblicità per il fondo Perseo-Sirio. Ipoteticamente a livello nazionale sarebbe un enorme stanziamento di risorse destinate a polizze sanitarie, borse di studio per figli “meritevoli”, attività ricreative, sostegno al reddito della famiglia (quale miglior sostegno di un aumento salariale?), prestiti ed anticipazioni di denaro ai dipendenti, interventi mutualistici. In questo caso, oltretutto, ci troviamo di fronte ad una vera e propria “fake news”, perché, secondo quanto stabilito dal nuovo CCNL, parte delle risorse andrebbero comunque reperite nei bilanci dell’ente di appartenenza, e sappiamo tutti quale è la condizione economica degli Enti Locali. C’è il reale rischio di trovarsi con una convenzione fasulla, per la quale poi le prestazioni realmente erogate non vengono corrisposte, o vengono erogate solo parzialmente, oppure le strutture convenzionate cambiano continuamente perché l’ente pubblico è insolvente. Comunque vada, insomma, si tratta di risorse pubbliche che finiranno nelle mani dei privati (cooperative varie, sanità e previdenza privata, mutue, banche varie).


Pillola n. 3 - Titolo III. Ordinamento Professionale


Specchietto per le allodole. All’art. 11 è istituita una Commissione paritetica sui sistemi di classificazione professionale. Questa ennesima commissione paritetica discuterà in materia di ordinamento professionale e dovrà formulare una proposta entro il mese di luglio. Già nel contratto 2002-2005 ne fu istituita una che non arrivò mai a nessun risultato. All’art. 12 il vecchio sistema di classificazione (art. 3 CCNL del 31-3-1999), con le quattro fasce, è confermato, nonostante in tutti questi anni abbia dimostrato la sua inefficacia.

A decorrere dal primo aprile 2018 (si veda Pillola n. 2 – Titolo VIII. Trattamento economico), sono istituite ulteriori posizioni economiche per tutte le categorie, e precisamente: A6, B8, C6 e D7 (art. 64). Ovviamente non si tratterà di scatti automatici, ma in virtù dell’art.16 “la progressione economica (...) nel limite delle risorse effettivamente disponibili, è riconosciuta in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti (...)”. Come si stabilisce questa quota? Innanzitutto “le progressioni economiche sono attribuite in relazione alle risultanze della valutazione della performance individuale nel triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto (...)” (art. 16). In secondo luogo, tale attribuzione va di pari passo con i criteri di individuazione dei super meritevoli (si veda paragrafo successivo). In sostanza, si ipotizzano nuove posizioni, proprio quando diventa difficilissimo e del tutto aleatorio, grazie alle “procedure selettive” e alla mancanza di risorse, accedere alle progressioni economiche orizzontali.


Personale educativo e scolastico. Per quanto riguarda il Personale educativo e scolastico (art. 11, comma 3, punto b) che opera nei Nidi e nelle Scuole dell'Infanzia, era stata annunciata un'ipotesi di contratto che avrebbe dovuto in qualche misura portare delle migliorie: definire e classificare la professionalità e le specificità di settore.

Ma tutto questo è stato rimandato alla Commissione paritetica da istituire. Tali specificità avrebbero dovuto trovare ampio spazio all'interno di un nuovo contratto e sarebbero state di grande importanza, definendo al meglio il profilo professionale del personale educativo e scolastico, soprattutto alla luce dell'approvazione delle nuove leggi: Legge 65 Decreto Attuativo 0/6 della Legge 107/15 e della Legge Iori.

E' inaccettabile che queste novità a livello legislativo non vengano minimamente prese in considerazione all'interno di un rinnovo contrattuale. Per lavoratrici/tori di settore questa pessima ipotesi di contratto è da rispedire al mittente.

E' inammissibile che non si affronti subito al tavolo un serio confronto tra le parti per una riorganizzazione del settore con una diminuzione dei carichi di lavoro e un miglioramento qualitativo dell'offerta educativa.

E' impensabile che non si ragioni per trovare misure che abbiano come finalità la stabilizzazione del precariato dei Nidi e delle Scuole dell'Infanzia, istituendo un osservatorio che monitori a livello nazionale l'attuazione delle Leggi emanate dalla Funzione Pubblica, disposte per affrontare il precariato nell'Amministrazione Pubblica e superare tale criticità ( Vedi D.Lgs 75/2017 ). Nel frattempo si prevede anche l’utilizzo di Educatrici/tori e insegnanti con contratto di somministrazione (agenzia interinali).

Questa ipotesi di contratto, ha di fatto tagliato fuori tutto ciò che è di importanza vitale per migliorare le condizioni di lavoro di un'intera categoria, che educa e cura bambine e bambini dai 0 ai 6 anni, grazie ad una professionalità che andrebbe valorizzata e gratificata.


Scippo legalizzato: Posizioni Organizzative. L’ art. 13 tratta delle Posizioni Organizzative (P.O.). Le risorse per le P.O. vengono scippate e tolte per sempre dal Fondo per le risorse decentrate e trasferite al bilancio degli Enti (si veda anche “Pillola n. 2 – Titolo VIII. Trattamento economico”). Dal Fondo vengono prelevate tutte le risorse impegnate, comprese di indennità di risultato e di posizione. Dal 2018 la retribuzione di risultato e di posizione sarà a carico del bilancio dell’ente. Le P.O. vengono premiate con un consistente aumento fino a 16.000 € e anche la retribuzione di risultato prevede un forte aumento della quota minima che le amministrazioni devono impegnare. E’ bene evidenziare che, pur essendo trattate fuori dal Fondo, ne costituiscono comunque la base per la quantificazione massima, come previsto dal D.Lgs. 75/2017 e che, le eventuali economie prodotte dai pensionamenti o riduzioni “possono” essere utilizzate per aumentare il Fondo del salario accessorio fino al suo importo massimo. Sappiamo bene però che una volta a bilancio, sarà molto difficile che le amministrazioni utilizzino possibili economie in tal senso.

Viene specificato che non è possibile assegnare P.O. a lavoratori in fascia C negli Enti dove sono presenti dei D.

Si apre invece alla possibilità di attribuire gli incarichi di P.O. negli Enti dove non ci sono lavoratori in Fascia D.


Ecco la vera priorità! Istituzione profili per le attività di comunicazione ed informazione (art. 18 bis). Vengono individuati due nuovi settori (nuove P.O. e magari un dirigente ad hoc individuate dal contratto), i relativi profili professionali e le posizioni orizzontali di appartenenza (C-D) per le attività di comunicazione (profilo di riferimento:specialista della comunicazione istituzionale) ed informazione (profili di riferimento: specialista nei rapporti con i media, giornalista pubblico).

Pillola n. 4 - Titolo IV. Rapporto di lavoro.


Capo II. Istituti dell’orario di lavoro


Reperibilità. E’ trattata nell’art. 24. Resta volontaria l’adesione. Viene aumentata la remunerazione per l’istituto della reperibilità. Si passa da 10,22 € alla cifra “astronomica” di 10,33 € con la possibilità di aumentarla fino a 13 € per 10 ore di reperibilità, anche questa a carico del Fondo per la contrattazione decentrata.

Nel caso il lavoratore venga chiamato ad operare la domenica, ha diritto ad una giornata di riposo compensativo ed al pagamento del relativo straordinario.


Viene previsto l’orario di lavoro multiperiodale. Introdotto dell’art. 25, consiste nel ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali con orari superiori o inferiori alle trentasei ore settimanali. Questi dipendono dagli eventuali picchi di lavoro, per un massimo di 13 settimane.


Capo III. Conciliazione vita-lavoro


Orario di lavoro flessibile. All’art. 27 è prevista la possibilità di usufruire della flessibilità in entrata ed in uscita (compatibilmente con le esigenze di servizio). L’eventuale debito orario deve essere recuperato nel mese di maturazione dello stesso. Sono previste forme di flessibilità ulteriori rispetto al regime orario adottato dall’ufficio per dipendenti che rientrano in specifiche e particolari tipologie (L. 104/1992, congedi di maternità e paternità, progetti terapeutici di recupero, frequenza scolastica dei figli relativa a nidi, materne e scuole primarie, siano impegnati nel volontariato). Sulla fruizione della L. 104/1992 però l’art. 33 prevede che il dipendente predisponga una programmazione mensile dei giorni in cui intende assentarsi, da comunicare all’ufficio di appartenenza all’inizio di ogni mese. In caso di necessità ed urgenza, il lavoratore deve comunque comunicare l’assenza nelle 24 ore precedenti la fruizione del permesso. Si tratta di una pesantissima limitazione dell’uso della L. 104.


Capo IV. Ferie e festività


Meno ferie per i nuovi assunti. L’art. 28 inizia a trattare l’argomento ferie, recupero festività soppresse e festività del Santo Patrono, e ribadisce per i nuovi assunti l’obolo della diminuzione delle giornate di ferie per un periodo di tre anni.


Ferie a ore. Si tratta di un istituto contrattuale dal carattere sperimentale e previsto solo per i dipendenti delle Regioni e degli Enti regionali (art. 29).


Telethon delle ferie. L’art. 30 tratta le “Ferie riposi solidali”. Su base volontaria, il dipendente può cedere 8 gg di ferie e 4 di festività soppresse a colleghi che abbiano esigenza di prestare assistenza a figli minori che necessitino di cure costanti. Si assiste all’istituzione della cosiddetta “assistenza caritatevole”, che rovescia sui singoli lavoratori il carico di sistema sociale sempre più insufficiente. Il contratto interviene indebitamente laddove dovrebbe intervenire il welfare a livello governativo con specifiche normative.




Capo V. Permessi, assenze e congedi.

 

Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari. L’art. 32 sostituisce l’ex art. 19: al dipendente, possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con le esigenze di servizio, 18 ore di permesso retribuito nell'anno, per particolari motivi personali o familiari. Tale permesso è utilizzabile anche ad ore, oppure per tre giornate intere (in questo caso l'incidenza dell'assenza sul monte ore a disposizione del dipendente è convenzionalmente pari a sei ore).


Terapie e visite specialistiche: 18 ore, poi arrangiati! L’art. 35 cancella la possibilità di effettuare visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici utilizzando l’istituto della malattia. Vengono destinate a tali scopi solo 18 ore comprese degli spostamenti necessari. Nel caso dell’utilizzo per l’intera giornata lavorativa, viene decurtata quota del salario accessorio come per la malattia e le assenze vengono conteggiate nel computo del periodo di comporto. La particolarità di questo articolo è che le 18 ore vengono pagate con soldi che avrebbero dovuto essere destinati all’aumento salariale. Dopo il danno, la beffa!


Quattro mesi e puoi morire. L’art. 37 regola le assenze per gravi patologie richiedenti terapia salvavita. Si riconoscono fuori dal computo i giorni di assenza dovuti ad effetti collaterali delle terapie e si individua il limite di quattro mesi, oltre ai 18 mesi retribuiti già previsti per la malattia, infatti un lavoratore ha diritto al mantenimento del posto di lavoro in caso di malattia per 18 mesi retribuiti oltre ad ulteriori 18 mesi non retribuiti e poi può essere licenziato. Questo vale anche nei casi di infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio (art. 38).


Capo VI. Formazione del personale.


Formazione del personale. Gli articoli 49 – bis e 49 ter trattano l’argomento “Formazione del personale”. Viene stabilita che la cifra da impegnare è una quota annua non inferiore all’1% del monte salari. Se la Formazione fosse tutta in gestione diretta e pubblica, la modifica sarebbe molto positiva, invece purtroppo appare un regalo ai vari consorzi di cooperative legati ad amministratori e sindacalisti. Precedentemente era al massimo l’1%. Infatti “in sede di organismo paritetico di cui all’art. 6, possono essere formulate proposte di criteri per la partecipazione del personale (…)” e vengono affrontati molti altri aspetti, anche economici, legati alla formazione. Si ricorda che dall’organismo pariteti sono esclusi i sindacati non firmatari del contratto. Inoltre, nell’ambito dei piani di formazione possono essere individuate attività di formazione (…) che faciliteranno le progressioni economiche. In ultima analisi quindi amministrazione e sindacati complici decideranno su chi beneficerà della formazione e, di conseguenza, aumenterà la probabilità di progressioni di carriera!

Pillola n. 5 - Titolo V. Tipologie flessibili del rapporto di lavoro


Capo I. Lavoro a tempo determinato


Può aumentare il numero di precari. Il contratto di lavoro a tempo determinato è regolamentato dall’art. 50. Le Amministrazioni possono stipulare contratti a tempo determinato, entro il tetto annuale del 20% del personale a tempo indeterminato, in servizio al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Questa quota è però solo indicativa, infatti le Amministrazioni possono sforare questo limite in moltissimi casi specificati nell’articolo stesso del contratto: le ipotesi di esenzione da limitazioni quantitative è talmente ampio che di fatto rende la quota del 20% solamente indicativa. I contratti a tempo determinato possono avere una durata di 36 mesi aumentabili fino a 12 solo in alcuni casi specifici. Viene precisato che non è possibile trasformarli a tempo indeterminato. Le discipline su trattamenti economici, assenze, permessi, periodo di prova ricalcano quelle già vigenti.


Capo II. Somministrazione di lavoro a tempo determinato.


La precarizzazione elevata a potenza. All’art. 52 viene trattato il “contratto di somministrazione” (lavoro interinale). Come per i contratti a tempo determinato viene indicata la soglia limite del 20%. Nella stessa maniera vengono dettagliati i casi per cui la limitazione non vale. E anche qui sono talmente tanti e generici che permetteranno alle Amministrazioni di operare con la massima libertà. Invece di risolvere il problema del precariato, lo si incentiva.



Capo III. Lavoro a tempo parziale.


Rapporto di lavoro a tempo parziale. Il numero dei rapporti a tempo parziale non può superare il limite del 25% della dotazione organica di ciascuna categoria, salvo alcuni casi particolari (art. 53). I dipendenti devono presentare apposita domanda indicando l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che si intende svolgere. L’Ente ha 60 giorni per concedere o rifiutare la trasformazione del rapporto di lavoro. I dipendenti hanno diritto a tornare a tempo pieno alla scadenza di un biennio anche in soprannumero, oppure, prima della scadenza se c’è la disponibilità del posto in organico. I dipendenti assunti a tempo parziale possono richiedere la trasformazione a tempo pieno dopo 36 mesi “nel rispetto dei vincoli di legge in materia di assunzioni”.


Pillola n. 6 - Titolo VII. Responsabilità disciplinare


Negligenza, imprudenza, imperizia, assenza ingiustificata, danno o pericolo causato ….. Motivazioni soggettive, ma pene certe.


Ormai da anni imperversa la campagna contro i dipendenti pubblici, con conseguenze anche devastanti. Il nuovo CCNL Funzioni Locali, invece di tutelale i dipendenti pubblici, va a rafforzare questa indegna campagna.


Le novità più rilevanti sono (art. 59):


  • l’eliminazione del limite dei 10 gg per assenza ingiustificata o arbitrario abbandono del posto di lavoro.


  • l’inserimento della sanzione della sospensione fino a 10 giorni per il ritardo di oltre cinque giorni (prima erano 10) nel caso di assegnamento ad una nuova sede di servizio .


  • l’inserimento della sospensione da 11 giorni a 6 mesi nel caso di assenze ingiustificate fino al numero di due, in continuità con le giornate festive o di riposo, oppure per le assenze collettive quando debba essere garantita l’erogazione di servizi all’utenza.


  • l’inserimento della violazione degli obblighi di comportamento non ricompresi “nelle lettere precedenti”. In pratica tutto ed il contrario di tutto, al fine di implementare ulteriormente la possibilità delle Amministrazioni di sanzionare ipotetiche inadempienze.


  • l’inserimento della “determinazione concordata della sanzione” (art.63). Se la procedura ha esito positivo, l’accordo raggiunto fra le parti non è soggetto ad impugnazione. Questa novità è molto pericolosa, perché qualora il lavoratore si trovasse nelle condizioni di doverla accettare, non può più fare ricorso presso il giudice del lavoro.


Il combinato disposto tra il D. Lgs 165/2001, il D. Lgs 75/2017, il Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici del 2013, di tutti i CCNL a partire dal dal 1997, i singoli Codici di Comportamento delle Amministrazioni Pubbliche, il Codice Penale, il Codice Civile e, infine, il CCNL 2016/2018, crea una ragnatela inestricabile di leggi, norme, regolamenti e contratti che catturano il lavoratore, mettendolo in condizione di non potersi difendere adeguatamente nel caso venga accusato di violazioni, favorendo la possibile reiterazione del “Teorema Sanremo”, nel caso di multi licenziamenti e provvedimenti disciplinari e/o procedimenti penali di massa.



Pillola n. 7 - Titolo II. Relazioni sindacali (già pillola 1). Focus sulla contrattazione decentrata.


Ancora meno democrazia sindacale, depotenziamento dell’RSU, materie di contrattazione ridotte al minimi termini per i dipendenti non titolari di P.O., RSU chiamate a diventare complici delle decisioni sul welfare integrativo, sull’impoverimento del fondo, sul peggioramento della qualità del lavoro, … ed altre simili amenità.

Già nella Pillola 1 (“Titolo II. Relazioni sindacali”) abbiamo affrontato i diversi aspetti della contrattazione. Vale la pena però riprendere l’argomento per approfondire l’aspetto che riguarda la “Contrattazione collettiva decentrata” (art. 7).

Si ricorda che all’art. 6 viene di fatto introdotto un nuovo livello confronto riservato ai sindacati firmatari del CCNL (Cgil-Cisl-Uil e CSA). Per la prima volta nel comparto delle Funzioni Locali viene prevista una contrattazione che esclude completamente la RSU e prevede la partecipazione ai tavoli dei soli “rappresentanti territoriali” delle OOSS firmatarie del contratto, attraverso l’istituzione dell’Organismo Paritetico per l’innovazione. Tale può interferire liberamente con le funzioni dell’RSU su moltissime e non ben definite materie (quindi tutto), depotenziandola.


Sulla contrattazione il CCNL non fa altro che assumere tutte le norme che limitano pesantemente le materie di contrattazione decentrata, a partire dal D. Lsg. 150/2009 (Brunetta) e dal d. Lsg. 75/2017 (Madia), e di inserire gli inciuci del momento.


L’art. 7, tratta la “Contrattazione collettiva integrativa: soggetti e materie”.

Dalla contrattazione integrativa vengono tolte tutte le materie che riguardano l’organizzazione del lavoro e dell’Ente. Restano alcune materie marginali e/o incancellabili e vengono aggiunte alcuni aggiornamenti:


Al comma 4 sono elencati gli oggetti della contrattazione integrativa:


  • lettera c: criteri per la definizione delle procedure per le progressioni economiche: in realtà questo comma o è un refuso o un imbroglio. Infatti nel Titolo III (“Ordinamento Professionale”), articolo 16 (Progressione economica all’interno della categoria), vengono stabilite le modalità di assegnazione con l’utilizzo delle valutazioni personali della performance degli ultimi tre anni;

  • lettera b: criteri per l’attribuzione dei premi correlati alla performance (riforma Brunetta);

  • lettera h: i criteri generali per l’attivazione di piani di welfare aziendale;

  • lettera q: elevazione del periodo di 13 settimane di maggiore e minore concentrazione dell’orario multiperiodale;

  • lettera r: elevazione arco temporale per il calcolo delle 48 ore settimanali medie (flessibilità per carichi di lavoro).

  • lettera u: incremento risorse alla retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative. Questo comma è uno dei capolavori di questo CCNL. Da una parte scippano ai lavoratori le risorse destinate alle P.O. dall’altra i due fondi restano legati da un unico filo: quello del blocco dei Fondi decentrati al 2016. In pratica, come nel principio dei vasi comunicanti, se le amministrazioni decidono di aumentare la spesa per le Posizioni Organizzative verrà diminuito il fondo per la produttività del resto dei lavoratori.


All’art. 8 (“Contrattazione collettiva integrativa: tempi e procedure”), commi 4) e 5), da leggere contestualmente all’art. 10, viene posto un pesante ostacolo alla libertà sindacale. Si definisce infatti un limite temporale, che può arrivare fino a 90 giorni, nel quale le OOSS firmatarie si impegnano a non assumere nessuna iniziativa unilaterale, nè ad azioni dirette di pressione nei confronti dell’Ente che prevedano la partecipazione dei lavoratori (prevenzione di eventuali conflitti) sulle materie oggetto del confronto.


L’art. 9 istituisce la “Contrattazione collettiva integrativa di livello territoriale”. Si tratta di una ulteriore forma di contrattazione, che in aggiunta all’Organismo paritetico per l’innovazione, depotenzia ulteriormente le RSU aziendali ed introduce il rischio di determinare vere e proprie gabbie salariali.

 

Pillola n. 8 - Il contratto bocciato dalle lavoratrici.


#WETOOGHETER. Contratto: maschile singolare. Lavoratrici: femminile plurale.


Dopo un’attenta analisi, come lavoratrici di USB, rispediamo questa ipotesi di contratto con forza al mittente.

 

Infatti, sono solo apparenti le intenzioni di superare le molteplici forme di discriminazione di genere. Vengono al contrario perpetuate le condizioni per le quali, in quanto lavoratrici e donne, siamo umiliate e penalizzate.


Pur constatando che per la prima volta è stata acquisita in un CCNL la normativa che prevede la possibilità per le donne vittime di violenza di usufruire di un periodo di aspettativa retribuita e facilitazioni per il part-time, riteniamo che questo passo sia un atto dovuto per una Amministrazione Pubblica di un Paese in cui le violenze, i maltrattamenti, le molestie, perpetrate sulle donne sia nei luoghi di lavoro che negli ambiti sociali e familiari, fino alla estrema conseguenza dei femminicidi, sono in continuo aumento e ormai praticamente all’ordine del giorno.


Oltre ad un inasprimento dei codici disciplinari e la limitazione dei permessi per prestazioni specialistiche, che determinano una retrocessione dei diritti conquistati dalle donne in seguito di lunghe battaglie sostenute in passato, come donne di USB abbiamo evidenziato si perpetua un violento attacco alle lavoratrici. Le donne che usufruiscono di permessi, di part-time, di congedi parentali, della L. 104 e di altri istituti cosiddetti di “conciliazione” dei tempi di lavoro con la famiglia, subiscono ancora forti discriminazioni e non esiste, ad oggi, un sistema per prevenire le condizioni che pesano sul salario e sulle possibilità di carriera delle donne. A titolo puramente esemplificativo, nulla è stato fatto per rendere il sistema di valutazione immune dalla forte discriminazione di genere.


Questa ipotesi di contratto non recepisce in alcun modo il concetto che la violenza sulle donne è sistemica e strutturale, e non emergenziale, in questa società dominata dal patriarcato.


La restrizione prevista per le visite specialistiche è destinata a ripercuotersi sulle prestazioni sanitarie e sugli screening finalizzati alla prevenzione dei tumori femminili. Non possiamo permettere che le donne, molto spesso oberate da carichi di lavoro anche familiari, siano costrette a rinunciare alla propria salute o a rischiare di dover ricorrere alla ferie per farlo. Sarebbe stato necessario, in sede di ipotesi di rinnovo del contratto, trovare misure per facilitare l'accesso alle visite specialistiche in orario di servizio, qualunque sia la durata prevista.


E’ certo che tali inasprimenti e limitazioni introdotte dal CCNL riguardano tutti i lavoratori, anche gli uomini, ma è necessaria anche un'analisi di genere, visto l'alto numero di donne nel settore pubblico, soprattutto in quello educativo e scolastico.


E questa lettura in ottica di genere USB può farla a pieno titolo, perché l’impegno e le lotte nell’ambito del percorso globale di “Non Una di Meno” sono parte sostanziale della lotta complessiva del nostro sindacato. Lotte praticate anche attraverso lo sciopero globale femminista proclamato anche da USB nelle giornate #LOTTOMARZO degli ultimi due anni.


Se il contratto è maschile singolare noi lavoratrici siamo femminile plurale!



USB Pubblico Impiego Liguria 10.04.2018