TFS - TFR e trattenuta del 2,50%

Come la parte datoriale da parere favorevole a se stessa ed apre la strada alla previdenza integrativa dei soliti sindacati compiacenti

Roma -

Come è noto, la vicenda trae origine da un accordo sindacale del 1999 con il quale CGIL, CISL, UIL e autonomi, spalancavano le porte alla previdenza integrativa e mantenevano il prelievo del 2,5% a carico del lavoratore in regime di TFR per evitare che la sua retribuzione aumentasse.

 

Ma la sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012, nell’affermare che “una ritenuta contributiva sulla retribuzione ha senso solo se è agganciata a un calcolo che prevede la restituzione futura di quanto tolto mese dopo mese” costrinse l’allora governo Monti a ripristinare il TFS per i lavoratori assunti prima del 2001, annullando gli effetti del DL 78 del 2010 che prevedeva per tali lavoratori il passaggio del calcolo del TFR a partire da gennaio 2011.

 

Tale sentenza non riguardò, però, i lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 2000 i quali, proprio in conseguenza dell’accordo sindacale di CGIL, CISL, UIL e autonomi, oltre a trovarsi nel più svantaggioso regime TFR dovettero anche subire la prosecuzione a fondo perduto della trattenuta del 2,5, che ha un senso solo per chi si trova in regime TFS mentre per chi è in regime TFR è solo un obolo obbligatorio che non verrà mai restituito.

 

Recentemente un’altra sentenza della Corte Costituzionale, n. 244 del 2014, ha riconosciuto che il trattamento dei dipendenti in TFS è più favorevole rispetto a quello dei dipendenti in TFR, riconoscendo implicitamente l’illegittimità della trattenuta del 2,5% nei confronti di questi ultimi.

 

L’Aran, visto i ricorsi presentati e le numerose diffide che si sono viste arrivare le amministrazioni del comparto Funzioni Locali, spinte soprattutto dalle cause pilota promosse da USB, ha pensato bene di esprimere un parere sull’argomento.

 

L’agenzia ha argomentato che quella del 2,50% per i lavori assunti dal 1 gennaio 2001 (TFR), non è una trattenuta indebita, ma una riduzione necessaria al fine di garantire l’invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini previdenziali, tra i lavoratori ex TFS, che sono ancora la maggioranza nel pubblico impiego e quelli TFR. Inoltre conclude affermando che per questi ultimi è previsto un recupero figurativo ai fini previdenziali e di calcolo.

 

È chiaro che si tratta di un parere di comodo costruito ad hoc, che offre un'ottima sponda, ai sindacati firmatari dell’accordo del 1999, per desistere dai ricorsi in essere ed offrire ai lavoratori la loro previdenza integrativa, inoltre cerca di evitare la restituzione delle somme a chi ne avrebbe diritto.

 

USB è ben consapevole che questi pareri non sono vincolanti ed esprimono solo il parere della parte datoriale ed è per questo motivo che non desisteremo dalla battaglia che abbiamo intrapreso, forti delle due sentenze della Corte Costituzionale che rafforzano la nostra vertenza in atto. Piuttosto invitiamo i lavoratori, alla luce di questa ennesima presa in giro, a restituire le tessere di quei sindacati complici che facevano finta di tutelarli perché in realtà non potevano certo combattere accordi che loro stessi avevano sottoscritto.

 

 

Roma 30 gennaio, 2017

 

 

USB P.I. ENTI LOCALI