I Centri per l'impiego devono restare un servizio pubblico!

Roma -

 

I Centri per l’Impiego devono restare un servizio pubblico!


I lavoratori e le lavoratrici dei Centri per l’impiego, dipendenti delle Province delle Città Metropolitane o in appalto da decenni, hanno dimostrato con i fatti di aver acquisito “sul campo” una grande professionalità e competenza.


Solo grazie al loro impegno quotidiano, si è riusciti a salvare un importante servizio pubblico, messo sotto attacco dalle miopi controriforme imposte dalla politica.


Gli operatori dei Cpi hanno con il loro lavoro posto un argine a quel malessere che, sempre di più in questi 10 anni di crisi, ha colpito le classi sociali più deboli e svantaggiate (licenziati, disoccupati, cassa integrati, disabili, esodati, etc), in assenza di qualsiasi riconoscimento e, di contro, soffrendo molte difficoltà organizzative, a partire dalla precarietà ed insufficienza degli organici.

Con salari bloccati da anni, senza incentivi e con i lavoratori degli appalti e le migliaia di precari- indispensabili per il funzionamento dei servizi- non hanno potuto nemmeno immaginarsi un futuro lavorativo stabile ed hanno sofferto anche i continui tagli alle finanze di Province e Città Metropolitane.


Da anni le Province e le Città Metropolitane non hanno investito più risorse in questi servizi pubblici, perché le Regioni titolari della funzione, il più delle volte non hanno onorato quanto dovuto e vantano forti debiti con tutte le Amministrazioni.


I lavoratori dei Cpi sono stati messi in “mobilità” sul famigerato portale, senza però nessuna possibilità di avere opzioni, come previsto dalla L. 56/2014- quella del cosiddetto “Provincicidio”-. Molti lavoratori degli appalti ed a tempo determinato, sono stati costretti a riciclarsi in altri settori per salvare il proprio posto di lavoro, disperdendo in tal modo professionalità indispensabili maturate in molti anni.


Tutto ciò è accaduto mentre entrava in vigore il “Jobs Act”, la scellerata legge che tra le tante nefandezze ha attivato il sistema degli accrediti, mettendo in competizione il “servizio pubblico” con aziende private che spesso non hanno nessuna esperienza nel settore delle politiche attive per il lavoro.

Il 2018 tra l’altro è l’anno che vedrà la fine degli incentivi per il lavoro previsti dal “Jobs Act”, con pesanti ricadute sugli operatori dei servizi, che dovranno garantire il front-office a migliaia di nuovi disoccupati che inevitabilmente si rivolgeranno agli sportelli ed ai servizi delle “Politiche Attive del Lavoro”.


Una strategia perversa quella sofferta da questi servizi strategici, praticata con l’obiettivo di un loro progressivo indebolimento, anche agli occhi dell’utenza, per rendere “digeribile” un sempre più ampia e massiccia privatizzazione.

La legge di stabilità approvata a fine dicembre, pone un termine a questa assurda situazione prodotta dalla legge Delrio del 2014: entro il 30 giugno 2018 la gestione della funzione delle politiche attive per il lavoro, verrà sottratta alle forme di “avvalimento” attivate a macchia di leopardo sul territorio nazionale e tornerà in capo alle Regioni che ne sono titolari. I lavoratori dei Cpi iscritti sul portale della mobilità e tutti quelli a tempo determinato, saranno trasferiti alle dipendenze della relativa Regione o dell’agenzia o ente regionale costituito.


Prevedere la possibilità del passaggio ad agenzie od enti è a nostro avviso un modo “sottile” di avviare un percorso di privatizzazione dei servizi.

La funzione è in capo alle Regioni ed i servizi con tutti i lavoratori addetti devono essere gestiti direttamente, senza moltiplicare le Agenzie/enti e creare delle sovrastrutture, vere e proprie scatole cinesi del sistema, che portano solo aumenti di spesa pubblica.

Ad oggi invece, risulta che nessuna Regione (con il consenso di Cgil-Cisl-Uil) abbia l’intenzione gestire direttamente la funzione, con alcune che addirittura intendono affidare il servizio ad aziende partecipate.


L’USB-P.I. Funzioni Locali, chiede che i lavoratori siano almeno garantiti per quanto riguarda la loro collocazione futura e che abbiano tutte le garanzie necessarie rispetto allo stato giuridico ed economico di inquadramento nel momento del passaggio ad altro Ente.

E’ necessario inoltre adoperarsi per l’internalizzazione dei lavoratori attualmente impiegati negli appalti e per coloro che si intenda trasferire ad Agenzie o Enti, prevedere una clausola sociale che li tuteli nei casi di crisi/cessione di ramo d’azienda, e renda possibile il rientro dei lavoratori negli organici delle Regioni di riferimento.


USB-P.I Funzioni Locali chiede alle Regioni di mantenere il loro ruolo di governance di questi pubblici servizi, in un quadro chiaro di collocazione, ruolo, funzione e prospettive del personale all’interno del sistema delle politiche attive del lavoro e delle nuove politiche degli accreditamenti.


USB-P.I Funzioni Locali seguirà attentamente tutti passaggi che verranno fatti nei prossimi mesi chiederà nei prossimi giorni un incontro chiarificatore alla “Conferenza delle Regioni” di cui relazioneremo.


Fondamentale in questa fase molto delicata e complessa, sarà la partecipazione attiva dei lavoratori ai quali chiediamo di aderire ad USB per renderla più forte ed utile.


E’ necessario essere uniti, stare dalla parte dei lavoratori e quindi con l’USB.

Perché uniti si vince.


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